Oggi, probabilmente proprio mentre io sto scrivendo, alcuni genovesi si stanno preparando all’inaugurazione del Viadotto Genova San Giorgio.
Proprio lui, il nuovo ponte dopo il crollo del Morandi.
Ci sarà l’amministrazione genovese e ligure in gran lustro con
il Presidente del Consiglio; dal veliero Amerigo Vespucci risuoneranno le note
di Fabrizio De Andrè e, pioggia permettendo, le Frecce Tricolori rilasceranno la
loro scia verde, bianca e rossa.
Ho scritto QUASI tutti i genovesi.
Sì, perché molti, me compresa, avrebbero preferito un’inaugurazione sobria e essenziale, con un occhio aperto alla città che deve continuare ad andare avanti, ma anche con la memoria che lì sotto quasi due anni fa, 43 vite si sono spezzate e molte altre hanno subito traumi e cambiamenti. Una cerimonia giusta e doverosa per dire GRAZIE a tutti coloro che hanno lavorato giorno e notte molti mesi, per permettere a Genova di essere ricollegata al resto d’Italia.
Non saranno presenti i parenti delle vittime,
che incontreranno il Presidente Mattarella in separata sede; non ci saranno i
Vigili del Fuoco, eroi di questa tragedia; non ci saranno molte associazioni
del territorio tra cui quelle di chi il crollo l’ha vissuto molto da vicino.
Ci sarà invece l’ennesima passerella di visibilità per questo o
quel politico. Ma questa è la mia opinione personale e mi sono già dilungata fin troppo.
Con questo post vorrei condividere con voi il racconto da me scritto il giorno dopo il crollo e che ha fatto parte del progetto QUELLA VOLTA SUL PONTE di Luca Bizzarri a cura del Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura. E' molto breve, perché così ha voluto l'editore: lo troverete infatti sull'omonima antologia di racconti, scritti da persone comuni che il ponte lo percorrevano, sopra o sotto, tutti i giorni.
UN AMICO, FERITO ha avuto anche l’onore di essere incluso nell'opera
teatrale UNA CICATRICE BIANCA portata magistralmente sul palco dal GRUPPO
TEATRALE FUORI TEMPO (qui in foto con me le bravissime Cinzia Quesada e Daniela Valle).
Guardate il video, se vi va. A seguire il testo del racconto.
🎬 https://www.facebook.com/michelaalessiowr/videos/2107549132876833/ 🎬
UN AMICO, FERITO.
Di Michela
Alessio
«No, no, no, non mi voglio ancora svegliare! Lasciami dormire ancora un po’».
Lo so che è
tardi, ma sono stata male tutta la notte.
Quella
maledetta pizza mi ha fatto andare avanti e indietro dal letto al bagno almeno
5 volte e non sono riuscita a dormire. Il nostro pizzaiolo era in ferie? Potevamo
farci un piatto di pasta ma no, pizza per forza.
Sei entrato
in camera come una furia.
«Ehi, ma ti
sembra il modo? Sto cercando di…».
«È crollato
il ponte».
Ti avvicini
alla finestra e inizi ad alzare la tapparella.
«Ma che fai?
Voglio dormire ancora un po’. E cosa farnetichi? Che ponte?».
Ti giri, mi
guardi.
La tapparella
a metà lascia filtrare poca luce, capisco che piove, ma capisco soprattutto che
è successo qualcosa di grave. Hai uno sguardo smarrito e incredulo.
«Giò, di che
ponte parli?».
«È crollato
il ponte. Ponte Morandi».
Sono ancora
annebbiata dal sonno e dalla nausea, non capisco.
«Ponte
Morandi? Qual è?».
«Ma come qual
è? Cosa stai dicendo? Il ponte sul Polcevera».
«Quello che
collega via Tea Benedetti e Via Perlasca?».
«Sei scema? Il
ponte dell’autostrada, il nostro ponte».
«Ma no, non è
possibile. Avrai capito male».
Mentre parlo
sorrido e la mia mente, che si rifiuta di comprendere e tantomeno di credere,
parte alla ricerca di altri ponti con i quali ti saresti potuto confondere. Mi
si chiude lo stomaco e aumenta la nausea.
Tu alzi del
tutto la tapparella, spalanchi la finestra, impercettibilmente barcolli e ti
appoggi al davanzale.
«Mio Dio,
allora è vero. Non c’è più».
Vengo vicino
a te, non so se voglio guardare.
Il ponte c’è,
ma è interrotto, squarciato. Chiudo gli occhi e li riapro, come facevo da
bambina quando volevo che qualcosa sparisse.
Ma lui resta
lì, diviso in due.
Piove molto,
ma intravedo un piccolo puntino verde, sembra un furgone, ma cazzo! È a
pochissimo dal baratro!
Un brivido mi
percorre la schiena. Ti abbraccio, forte.
E mentre ci
stringiamo nella mia mente si susseguono veloci immagini, voci, ricordi.
Tipo quando
non eravamo ancora sposati, io abitavo in Piemonte e per non passare dalla A7
dei Giovi, perché mi dicevi: «Guidi da donna e su quelle curve puoi fare danni»,
passavo da Voltri e dopo la galleria, quando ero sul ponte, ti telefonavo per
dirti che ero arrivata e non vedevo l’ora di abbracciarti.
Oppure dopo
qualche anno, quando per tornare a casa da Campi imboccavamo la via più
interna, passando di fronte all’Isola Ecologica e tu andavi piano perché pensavi
che i vigili si potessero nascondere tra i piedi del pilone con l’autovelox.
O ancora
quando la mattina aprivo le finestre della nostra camera, per arieggiarla e lo
salutavo, il ponte, come un amico e tu mi prendevi in giro.
Mi scosto,
guardo te e poi di nuovo lui.
Niente sarà
più come prima, il mio amico è ferito, mortalmente.
Niente sarà
più come prima.
Grazie per avermi letto!
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